Stato del ritrovamento

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La Chiesa della Conversione di San Paolo Apostolo, a Roccapelago, è uno degli edifici più importanti per il territorio dell’Alto Frignano modenese.

A partire dal 2008, il complesso ecclesiastico è stato oggetto di un importante restauro architettonico, resosi necessario per consolidare le strutture murarie, il tetto e la pavimentazione interna.

L’indagine archeologica è stata condotta sul campo dall’archeologa Barbara Vernia, sotto la direzione scientifica degli archeologi Donato Labate e Luca Mercuri della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna. La prima campagna di scavo nasce contestualmente ai lavori di consolidamento e termina nel novembre del 2009.

Solo dopo la messa in sicurezza dell’ambiente voltato, poi cripta, ebbe inizio lo scavo, era il 10 dicembre 2010. Esso occupa un superficie molto estesa lungo il perimetrale est della chiesa, è di forma rettangolare, con i lati brevi in direzione nord-sud, e aveva una copertura con volta a botte, come dimostrano le imposte dell’arco an­cora ben visibili.

Lo scavo è stato condotto inizialmente a mezzo meccanico e successivamente a mano. L’ambiente si presentava completamente colmato con materiale di scarto, nella parte superficiale, con grossi blocchi di pietra e al di sotto con materiale più fine. Via via che veniva liberato l’ambiente dal riempimento, le aperture sul muro ad est, aprivano sul locale sotterraneo un panorama mozzafiato. A partire da 1,40 m sotto il pavimento attuale lo scavo è stato condotto a mano, poiché sono emersi sempre più numerosi individui parzialmente mummificati, coperti da sacchi, completamente adesi l’uno all’altro.

Durante la campagna precedente era già stata individuata nell’angolo sud-est dell’ambiente voltato una tomba denominata 5, ma nessuno pensava che sotto al massiccio riempimento ci sarebbe stata una così numerosa presenza di corpi. Oltre ai resti umani, di notevole interesse, il rinvenimento della porta chiusa sulla parete nord, e della scala nell’angolo di nord ovest, che stabiliva il rapporto di questo ambiente con la Chiesa soprastante.

Nel muro ovest fu ricavata una nicchia e venne realizzata una pavimentazione che pareggiò la quota del piano di calpestio. L’utilizzo per un certo tempo come cripta sembra poter trovare conferma nel pesante annerimento della parete ovest, probabilmente dovuto al fumo di lampade o candele.

Attraverso lo scavo di questa ambiente è stato possibile anche riconoscere il limite dell’antico corpo di fabbrica, il cui perimetro coincideva sui lati nord, est e sud con i muri della cripta. Dall’esterno, è possibile ancora oggi riconoscere l’antica struttura della Rocca, così come le piccole feritoie appartenenti alla cripta, probabilmente prima cannoniera della roccaforte militare.

Il potente strato dei corpi adesi l’uno sull’altro, copriva altre sepolture: le prime deposizioni erano state fatte sfruttando le asperità della roccia affiorante, e probabilmente in questa fase i corpi erano stati coperti da una matrice argillosa, per cui si sono malamente conservati elementi accessori del corpo, rarissimi gli indumenti e i sacchi a guisa di sudario.

Al di sopra di questo strato, trovarono posto altri inumati, deposti nella parte centrale della stanza in strati sovrapposti, dentro sacchi, come dimostrano i frammenti di tessuto rinvenuti. Questi individui, a causa dello schiacciamento dovuto al peso degli strati superiori, non si presentano in buono stato di conservazione, tuttavia la loro regolare distribuzione fa supporre che ancora in questo momento era possibile un comodo accesso all’ambiente. La deposizione cambia e i defunti posti sopra ai precedenti,vengono sepolti senza copertura di terra.

Questa modalità deposizionale insieme al microclima interno della camera sepolcrale, favorito dalle due aperture ad est, ha reso possibile per molti corpi il mantenimento di alcuni tessuti e strutture legamentose e tendinee, così come di elementi dell’abbigliamento o dei sacchi che venivano cuciti addosso a mo’di sudario.

Durante lo scavo della piramide dei corpi e delle deposizioni ad essa precedenti è stato chiaro che le sepolture erano avvenute in sequenza diacronica e protratta nel tempo, per cui si escludeva l’ipotesi di un’epidemia o di morti legate a eventi bellici. Inoltre la cura nella preparazione dei propri cari per l’ultimo viaggio, e la presenza di individui ad età alla morte così diversa, dagli infanti agli adulti senili, sia femmine che maschi, aggiungeva elementi alla validità che si trattasse di parte della comunità che viveva nei secoli XVI- XVIII a Roccapelago e che nella cripta ha trovato per ben due secoli, ultimo ricovero.

Lo scavo ha restituito numerosi oggetti, quali medagliette, crocifissi, rosari e una quantità davvero considerevole di tessuti, pizzi e cuffie relativi all’abbigliamento e ai sudari che avvolgevano i defunti. Buona parte di questi oggetti, quelli che sono stati considerati altamente significativi, come la lettera di Maria Ori che è stata prontamente restaurata e studiata, sono stati esposti durante le Mostre che hanno avuto un gran successo sia nel 2012, che nel 2013 e 2014.

Vania Milani

 

 

 

 

 

 


- "Gli scavi della Chiesa di San Paolo di Roccapelago nell'Appennino modenese. La cripta con i corpi mummificati naturalmente". Firenze 2011 [Giorgio Gruppioni, Donato Labate, Luca Mercuri, Vania Milani, Mirko Traversari, Barbara Vernia] in Pagani e Cristiani. Forme di attestazioni di religiosità del mondo antico in Emilia, X, Firenze 2011, pp. 219-248.

 

- "Relazione antropologica sulla campagna di scavo 2010/2011 presso la chiesa della conversione di San Paolo-Roccapelago". Mirko Traversari, Vania Milani