Roccapelago, Pievepelago (Mo)
Non si tratta, come spesso accaduto, della mummificazione volontaria di un gruppo sociale (monaci, beati, membri di famiglie illustri), ma della conservazione naturale di parte della comunità sepolta tra la seconda metà del ‘500 e il ‘700.
La scoperta è avvenuta nei locali dell’antica roccaforte medievale di Obizzo da Montegarullo uno dei più potenti signori del Frignano, che si ribellò alla fine del XIV secolo al dominio agli Estensi, successivamente divenuta chiesa e cripta della Comunità.
La Chiesa della Conversione di San Paolo Apostolo, a Roccapelago, è uno degli edifici più importanti per il territorio dell’Alto Frignano modenese.
Sul finire del Cinquecento, quando ormai il complesso militare era in disuso, una parte della Rocca fu riadattata per realizzare una chiesa parrocchiale, che con il tempo fu modificata e ampliata.
A partire dal 2008, il complesso ecclesiastico è stato oggetto di un importante restauro architettonico, resosi necessario per consolidare le strutture murarie, il tetto e la pavimentazione interna.
L’indagine archeologica è stata condotta sul campo dall’archeologa Barbara Vernia, sotto la direzione scientifica degli archeologi Donato Labate e Luca Mercuri della Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna.
Lo scavo archeologico, eseguito contestualmente ai lavori di restauro, ha portato alla scoperta di 7 tombe con sepolture multiple e allo scavo integrale di un ambiente voltato interrato, originariamente appartenuto alla rocca, che all’insediarsi della chiesa fu trasformato in una cripta cimiteriale.
Questa fossa comune ha restituito complessivamente più di 300 inumati fra infanti, bambini e adulti, buona parte dei quali rinvenuti parzialmente mummificati, come riportato nella relazione preliminare degli antropologi Vania Milani e Mirko Traversari che hanno seguito in tutte le fasi le indagini.
La Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Emilia-Romagna ha trovato accoglienza per tutti i resti nel Laboratorio di Antropologia del Dipartimento di Storia e Metodi per la Conservazione dei Beni Culturali – Università di Bologna (sede di Ravenna) diretto dal Prof. Gruppioni, che da subito ha compreso l’importanza della scoperta.
Nella primavera del 2011 contestualmente alla fine degli scavi tutti i resti recuperati e le mummie stati trasportati presso il Laboratorio di Antropologia di Ravenna, grazie alla generosa disponibilità dell’agenzia funebre Gianni Gibellini di Modena che con grande liberalità ha messo a disposizione il personale e cinque automezzi. I reperti sono stati invece trasferiti presso il Museo Civico Archeologico Etnologico di Modena nella prospettiva d’intervenire con i restauri e per definire il progetto di valorizzazione degli stessi.
Dalle indagini antropologiche preliminari si legge
“La tipologia di deposizione anche in questo caso è primaria, oppure primaria rimaneggiata antropicamente dalle successive sepolture, mentre la decomposizione in questo caso è avvenuta in spazio vuoto (rotolamento del cinto pelvico, scivolamento della patella, verticalizzazione scapolare, traslazione mandibolare, ecc., presenza di fauna cadaverica in alcuni casi mummificata tra i corpi, deceduta forse per i miasmi tossici generati dalla decomposizione, numerosissimi pupari di ditteri esterni ed interni ai distretti scheletrici), senza il rispetto di particolari allineamenti nella giacitura. Il particolare microclima creatosi all’interno della camera di deposizione, favorito dalle due aperture individuate sulla parete di abbigliamento o sacchi sudario che avvolgevano i corpi”
Si sono dunque aperte straordinarie possibilità di studio per studiosi e scienziati che si sono mossi anche da fuori Italia con l’obbiettivo di ricostruire la vita: attività, cause di morte, stato di salute, alimentazione, tipo di lavoro, rapporti di parentela, caratteristiche genetiche, ma anche religiosità e devozione di un’intera comunità tra il XVI e l’XVIII secolo.
Lo scavo ha restituito numerosi oggetti, quali medagliette, crocifissi, rosari e una quantità davvero considerevole di tessuti, pizzi e cuffie relativi all’abbigliamento e ai sudari che avvolgevano i defunti.