Mummie italiane

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Anche l’Italia annovera molteplici esempi di mummie sia conservate naturalmente, grazie all’azione di particolari condizioni climatiche, sia artificialmente, per opera volontaria di minuziosi imbalsamatori.

Il Museo delle Mummie di Ferentillo, in provincia di Terni, in Umbria, è un primo esempio. Il Museo, ospitato in una grotta posta sotto la chiesa di Santo Stefano, fu creato nel XIX secolo, in seguito al rinvenimento di numerosi corpi mummificati nella cripta della chiesa. L’edificio sacro, risalente al XV secolo ed edificato su una struttura precedente del XII secolo, è stato, infatti, utilizzato con funzione cimiteriale dal 1505 al 1871. Il particolare microclima presente nella roccia, unito all’azione di determinati microrganismi, ha permesso di conservare praticamente intatte le salme sepolte, con tessuti, capelli, vesti. Tra loro compare una coppia di giovani sposi cinesi morti di colera dopo un viaggio a Roma e l’avvocato del paese ucciso da una coltellata.

Le Mummie di Urbania nella Chiesa dei Morti (già Cappella Cola), nelle Marche, sono state scoperte un paio di secoli fa, nel 1833, e da allora sono esposte dietro l’altare. Si tratta di 18 mummie, 6 femmine e 12 maschi, conservate nel tempo per un processo di mummificazione naturale dovuto all’azione di una particolare muffa che ha essiccato i cadaveri. Ogni mummia ha una sua storia particolare: la più drammatica è senza dubbio quella di un uomo che sarebbe stato sepolto vivo, in uno stato di morte apparente, e che si risvegliò già inumato nella tomba, dove “morì per la seconda volta”.

Le Mummie di Venzone, in Friuli Venezia Giulia, si trovano nella cripta dell’ex Cappella di San Michele di fronte al duomo. Le mummie furono estratte nel XIX secolo e visitate già da Napoleone Bonaparte. Il primo corpo mummificato, la mummia del “Gobbo”, così chiamata per la struttura fisica ricurva della persona, fu rinvenuta nel 1647, durante alcuni lavori di ristrutturazione del duomo. Per quanto concerne il processo di mummificazione, gli studi più recenti lo associano all’azione di una muffa parassita, Hipha Bombicina Pers, presente nelle tombe del duomo, capace di disidratare il corpo, favorendone la conservazione.

Le Mummie dei Cappuccini di Palermo si trovano nel convento degli stessi, risalente al XVI secolo e adiacente alla chiesa di Santa Maria della Pace. La struttura è conosciuta ormai da secoli per la presenza nei sotterranei delle famose Catacombe dei Cappuccini, che hanno ospitato migliaia di corpi appositamente imbalsamati. Tra loro si trovano salme degli stessi cappuccini (il primo cadavere inumato nelle catacombe fu il corpo del frate Silvestro da Gubbio nel 1599), oltre a persone, coricate o in piedi, appartenenti generalmente ai ceti più elevati della società. La mummia senza dubbio più celebre è la salma della piccola Rosalia Lombardo morta a soli due anni nel 1920, la cui imbalsamazione fu richiesta dagli stessi famigliari. La “Bella Addormentata”, come viene chiamata la bambina a testimonianza del perfetto stato di conservazione, è stata imbalsamata utilizzando una miscela composta di formalina, alcool, glicerina, acido salicilico, sali di zinco.

La Cripta dei Cappuccini di Savoca, in provincia di Messina, in Sicilia, è stata ricavata nel Seicento nei sotterranei della chiesa del convento dei frati. Al suo interno si trovano 37 corpi mummificati, nati e vissuti nel XVIII e nel XIX secolo: si tratta di corpi di aristocratici locali, come avvocati, notai, medici, sacerdoti, possidenti terrieri, giudici, imbalsamati volontariamente per conservarne intatti nel tempo i tratti somatici. Il procedimento di mummificazione sfruttava anche alcune caratteristiche microclimatiche naturali. Le salme destinate all’imbalsamazione venivano immerse per due giorni in una soluzione ottenuta con sale e aceto. Quindi venivano distese nella cripta della chiesa dove la particolare areazione esistente procedeva a essiccare il cadavere: l’imbalsamazione si concludeva, quindi, con una sorta di mummificazione naturale. Una volta mummificato, il corpo veniva vestito e deposto nella cripta dedicata.

Sempre in Italia, nel Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano, si trova un altro corpo umano eccezionalmente conservato. Si tratta della Mummia del Similaun, detta anche “Uomo venuto dal Ghiaccio” e soprannominata Ötzi o Oetzi, uno dei reperti archeologici più famosi al mondo rinvenuto nel 1991 sulle Alpi Venoste, ai piedi del ghiacciaio del Similaun, al confine tra Italia e Austria. Secondo gli studi, il corpo appartiene a un uomo di sesso maschile morto a 40/50 anni tra il 3.300 a. C. e il 3.200 a. C.; un esemplare di homo sapiens, quindi, conservatosi nel ghiaccio grazie alle particolari condizioni ambientali.